A cura di ALESSIO MIZZONI
Come dal gioco possiamo farci un quadro
completo di un bambino, sia
come
individuo, sia nelle sue relazioni con il gruppo.
Il gioco o l’attività ludica, durante l’età evolutiva
dell’uomo, è la forma più naturale e spontanea di socializzazione. Nel gioco è
possibile scorgere e comprendere sia le basi delle forme di apprendimento, sia
il livello di crescita e di maturazione del bambino. Un bambino, mentre gioca,
manifesta meglio il suo mondo interiore di quanto potrebbe fare verbalmente e,
nello stesso tempo, mette in evidenza la sua esigenza di comunicare e di
socializzare con gli adulti. Si ritiene erroneamente che il gioco sia irrilevante
o non produttivo nell’apprendimento formale ed informale e, per converso, che
il lavoro sia rispettabile e degno di considerazione. Il gioco è fondamentale
nella strutturazione della personalità, specialmente di quella in età
evolutiva. Il gioco è espressione della personalità, la personalità forma il
gioco e il gioco forma la personalità. Nell’infanzia il gioco permette l’acquisizione
delle regole della vita sociale. Sono i bisogni di movimento e di esplorazione
tipici dell’infanzia che spingono al gioco.
Oggi, nella nostra società, il modo di giocare dei
nostri bambini è mutato profondamente.
Il ruolo dei videogiochi (che rappresentano
un’irresistibile possibilità in grado di rispondere al “bisogno ludico” sia
negli adulti che nei bambini e nei ragazzi) ha assunto un valore predominante.
Rispondendo alle richieste di novità, la tecnologia
moderna è entrata ormai da tempo nel mondo del gioco.
Questo però non sempre nel rispetto delle esigenze
educative sociali, divenendo talvolta uno strumento di
abuso o una fonte di modelli sociali negativi e
perfino patologici.
Insieme alla passione per il videogioco si sono
manifestati e moltiplicati ben presto i rischi per la salute psicofisica connessi
al loro utilizzo spropositato o alla proposta, da parte delle industrie del
tempo libero, di tipologie di videogioco diseducative e dannose.
Il videogioco ha un potere motivante molto forte ed
una capacità di catturare e mantenere l’attenzione, utilizzando contemporaneamente
anche più canali sensoriali di stimolazione.
Le potenzialità del videogioco, quindi, devono
far riflettere sul fatto che, spesso, non è questo strumento di gioco ad essere
nocivo di per se stesso, ma il suo utilizzo incondizionato e spropositato. Considerazioni
analoghe possono essere fatte anche per il rapporto tra il bambino e la
televisione che sottrae tempo al gioco, al movimento, all’incontro diretto con
i coetanei e con gli adulti.
Quando il gioco è privato della sua parte
relazionale ed esperenziale non produce apprendimento, pur fornendo soddisfazione
ed inducendo piacere. In quel caso non porta altro che all’alienazione, all’emarginazione
e al disagio sociale.
Già dai tempi più antichi si sa che il gioco
è un elemento importante, per non dire fondamentale, per lo sviluppo psicofisico
del bambino e come metodo di insegnamento piacevole e coinvolgente.
L’adulto che fa giocare dei bambini influenza
la loro personalità, per cui è molto importante il metodo con il quale questi
giochi vengono proposti. Affinché un gioco possa essere apprezzato e gustato,
occorre proporlo nella maniera più appropriata.
Prima di tutto va tenuto conto dell’età del
soggetto a cui ci si rivolge e quindi occorre che il gioco sia adeguato alle possibilità
motorie e percettive del gruppo. Bisogna tener presente il numero dei partecipanti:
non troppi per non creare tempi di partecipazione e di attesa troppo lunghi, né
troppo pochi per non impoverire troppo il gioco stesso.
Infine, non bisogna dimenticare di creare
la giusta atmosfera anche per la presentazione del gioco, senza esporre al
gruppo un interminabile e noioso elenco di regole, ma anzi stimolando e sollecitando,
per l’evento che sta per iniziare, anche con un po’ di suspence. Nella
presentazione è di fondamentale importanza che l’adulto abbia giocato in precedenza
al gioco che sta proponendo e che a sua volta lo abbia trovato divertente e
coinvolgente. Questo è il primo presupposto che può condizionare la
partecipazione dei bambini ed il loro divertimento. Sono loro i primi a capire
se l’adulto non si sente coinvolto e divertito da ciò che sta proponendo. (“Tu
insegni meglio ciò che più ami” R. Bach). La presenza dell’adulto risulta
essere fondamentale per l’organizzazione e la riuscita del gioco. Questo fino
al momento in cui il gruppo non dimostra di essere autonomo e autosufficiente
nell’organizzazione e nella conduzione. In un secondo momento, il ruolo dell’adulto
può diventare quello di osservatore dei comportamenti infantili, che si
rivelano attraverso il gioco più che in qualsiasi altra attività.
Queste osservazioni ci danno una buona
indicazione delle relazioni sociali, degli scambi verbali, dello sviluppo dei linguaggi
non verbali, della capacità di organizzazione, di riflessione sulle regole, di
progettazione, di elaborazione di strategie che si sviluppano all’interno del
gruppo.
Tramite il gioco possiamo farci un quadro
completo di un bambino sia come individuo, sia nelle sue relazioni con il
gruppo. Inoltre l’adulto può cogliere eventuali spunti di lavoro da sviluppare
in altri momenti.
Pubblicato sulla rivista elettronica “www.allenatore.net”
n.66 luglio-agosto 2009.
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