venerdì 13 settembre 2013

IL DROP-OUT SPORTIVO NELL'ADOLESCENZA

tivo nell'adolescenza





 

Il Drop-out sportivo nell'adolescenza

A cura del Dott. Stefano Casali 
"L'attività sportiva in età adolescenziale, soprattutto se praticata a livello agonistico, si innesta su un terreno ricco di capovolgimenti interpersonali e problematiche esistenziali, andando ad influire sui dinamismi intrapsichici e agendo sulle capacità di controllo dell'Io e sulle dinamiche inconsce che in questo periodo subiscono massicci riaggiustamenti" (Zimbardi F., 2003).

Il contesto

Vari studi e convegni si sono occupati del crescente "disagio" che investe la nostra gioventù, specie nelle realtà urbane. Vari sono i segnali di "intolleranza" dei giovani e dei giovanissimi, verso il sistema sociale, verso il sistema scolastico e per vari aspetti anche verso il sistema sportivo, costruiti su "modelli degli adulti", non più compresi e anzi respinti con una accentuazione delle differenze generazionali. In tutto ciò evidentemente influisce la rapida trasformazione del nostro Paese, la caduta di una serie di valori e di modelli culturali di riferimento. La cronaca sportiva si occupa sempre più spesso di episodi di intolleranza che coinvolgono atleti, dirigenti e genitori, impegnati nelle attività sportive dilettantistiche, in campionati minori e in quelli giovanili, a volte addirittura nell'attività scolastica. Lo sport sembra non riuscire più ad educare i giovani e le figure che vi ruotano attorno, anzi spesso finisce per costituire un vero e proprio momento di "scontro" verbale o addirittura fisico, dove si scaricano le tensioni accumulate per altri aspetti della vita sociale. Le figure sportive a contatto con i giovani sembrano soffrire dei medesimi problemi, legati alla necessità personale di emergere a qualsiasi costo e a danno di chiunque possa ostacolare "l'ascesa" verso livelli prestigiosi. Il successo, la vittoria, la gloria, il denaro, valgono bene qualsiasi conflitto, a danno della formazione e dell'educazione del proprio giovane.

Da numerose indagini svolte in diverse città italiane,  emerge che i giovani d'oggi sembrano non tollerare più la "corazza" imposta da un agonismo esasperato, che alberga più nei pensieri delle figure adulte che ruotano intorno al sistema sportivo. Vi è un senso di "riacquistata libertà" e di maturazione, per uno "sport dal volto più umano". Ma una seconda chiave di lettura del fenomeno, permette ad altri di affermare invece che vi è una minore volontà al sacrificio, all'impegno ed alle regole, che spinge i giovani verso una pratica più divertente, meno agonistica e stressante, oltre che verso scelte diverse dal contesto sportivo. Il fenomeno, però, può anche spiegarsi con l'incapacità del sistema sportivo di rinnovarsi, di offrire modelli nuovi e più eccitanti e che metta in conto anche le molteplici "offerte" di una società profondamente mutata. Sembra così spiegarsi anche l'elevata percentuale di "abbandono sportivo" (drop out) nell'attività sportiva giovanile. Da medesimi studi si può evincere che vi sono circa un 33% di ex-praticanti fra gli studenti delle scuole secondarie di primo grado, che hanno già avuto esperienze legate al mondo dello sport, ma hanno anche già perso interesse per questo mondo. Fra i fattori che possono aver influenzato un numero così elevato di giovani nella decisione di abbandonare la pratica sportiva,  emerge che il 77,9% dei ragazzi ha abbandonato dopo aver praticato per uno, due o tre anni, ininterrottamente una disciplina, mentre il restante 22,1 % ha dichiarato una ex-pratica saltuaria. Le risposte evidenziano fra i principali motivi di abbandono, due aspetti generali:

  • uno riferito al mondo della scuola, per l'eccessivo impegno richiesto dallo studio (56,5%);
  • l'altro alle modalità di svolgimento dell'attività ed al rapporto con allenatori e compagni - poiché fare sport "è venuto a noia" (65,4%).
Se a quest'ultimo si aggiungono le percentuali relative ai seguenti motivi di abbandono: istruttori troppo esigenti (19,4%), istruttori che non seguono (14,2%), "troppa fatica" (24,4%), difficoltà a socializzare (28,7%), ne consegue che sono evidenti le difficoltà legate al rapporto con "l'organizzazione" dell'attività praticata, quindi la necessità di rivedere il modello organizzativo su cui intervengono le Società Sportive.
Abbandono dell'attività sportiva nell'adolescenza

Considerazioni

Come istruttore, allenatore, coach, abbiamo sempre un unico denominatore: per mezzo dell'allenamento arrivare a  produrre risultati didattici apprezzabili. Abbiamo il compito di aiutare i nostri allievi a migliorare i processi di apprendimento; il modo migliore per raggiungere questi risultati è di creare delle condizioni favorevoli all'apprendimento, ovvero essere dei facilitatori di questi processi. Dobbiamo avere sempre ben presente l'elemento fondamentale, la motivazione, che rimane comunque e ad ogni livello alla base di qualsiasi successo sportivo; la motivazione è senza dubbio la chiave d'accesso al lavoro di tutti i giorni, attraverso il quale l'atleta soddisfa i suoi bisogni, gli stimoli positivi, l'interesse e il divertimento, la ricerca di affiliazione verso l'allenatore ed i compagni di allenamento e non ultimo il bisogno di affermazione e di riuscita. I giovani amano lo sport, soprattutto come occasione di socializzazione e di divertimento: se la società sportiva (o la disciplina scelta) lascia insoddisfatti sotto questo aspetto molto probabilmente la mancanza di tempo e gli impegni scolastici porteranno l'atleta all'abbandono (Benassi A.R., 2003). Tra le cause di abbandono si trovano, sicuramente, il consumismo e le distrazioni, ma anche lo sport ha le sue colpe: spesso non si verifica un abbandono ''di uno sport'', ma ''dello sport''; e i motivi possono essere riconducibili alla difficoltà di conciliare lo studio con l'attività sportiva, alle incomprensioni con gli allenatori o ai costi troppo elevati. In tale contesto, è importante il ruolo che giocano oggi le società sportive, che organizzano l'attività agonistica sul territorio e che tendono ad un avviamento precoce allo sport agonistico dei giovani, con selezioni ed allenamenti intensivi che conducono i soggetti scartati a considerarsi fuori dal gioco come atleti di non particolare interesse. In fase adolescenziale, tutto questo produce un atteggiamento di rinuncia ad ogni pratica sportiva, poiché viene vissuta come fallimentare e, di conseguenza, come fonte di insicurezza. Alcuni imputano il problema dell'abbandono a difetti del giovane d'oggi, troppo appagato da altri interessi, che avrebbe una scarsa attitudine a impegnarsi per qualcosa che costa fatiche e rinunce e non paga immediatamente. Per questo è importante che l'adolescente sia assistito in questa fase della sua vita, perché può facilmente fare delle scelte non costruttive e decidere prima di non aver raggiunto la maturità (Del Piano, 1999).

Cosa fare

Dobbiamo provare a innovare lo sport giovanile italiano se desideriamo rispondere ai nuovi bisogni dei giovanissimi e dei giovani. Dobbiamo essere tutti insieme capaci di offrire nuove motivazioni e più stimolanti modalità organizzative di avviamento allo sport, specie per il settore agonistico giovanile, con progetti più a misura dei reali bisogni dei bambini e dei ragazzi. Dobbiamo ripartire dalla Scuola, dalle scuole dell'autonomia, coinvolgendoli di più negli aspetti progettuali, supportando nuove forme di promozione e di pratica, valorizzando la figura docente come momento educativo e formativo essenziale per avviare i giovani verso una migliore pratica sportiva, secondo unità d'intenti e forte collaborazione con il mondo dell'associazionismo sportivo tradizionale.

fonte: http://www.my-personaltrainer.it



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